I Ritratti

La storia dell'arte è piena di ritratti fatti per motivi diversi e in contesti totalmente diversi. Dal punto di vista della ricerca artistica, credo che fare un ritratto sia dare ordine e sintesi artistica a ciò che i nostri sensi hanno più comunemente sotto gli occhi: i nostri simili. Se al fascino che ci ispira un'opera d'arte diamo come chiave di lettura il riconoscimento di qualcosa di cui abbiamo esperienza visiva ma che ci viene riproposto in una totalmente nuova ricomposizione di equilibri, anzi spesso in un ordine che prima non c'era proprio nella confusione delle nostre esperienze percettive, ci spieghiamo il perché di quella sensazione di timore e attrazione che un bel quadro ci comunica. E' forse la stessa sensazione alla base del nostro ridere per qualcosa di buffo: è un ridere che nasce dal "mostrare i denti" nell'affrontare qualcosa di nuovo e quindi potenzialmente pericoloso e verso cui istintivamente ci prepariamo alla difesa (appunto mostrando i denti). Ma è un timore combattuto dalla innata curiosità dell'essere umano. Quando un quadro ci emoziona, lo fa perché ci sta offrendo un nuovo modo di vedere ciò che già conosciamo e quel "nuovo" ci attrae e ci spaventa allo stesso tempo.

Nel caso del ritratto, il quadro ci presenta il viso umano, l'oggetto più frequente sin dalla nostra nascita nell'esperienza visiva. E quando il ritratto riesce a restituirci qualcosa che conosciamo ma in una nuova maniera "ordinata" e "sintetica", scatta in noi quel coinvolgimento verso il quadro che è al tempo stesso coinvolgimento verso cosa il quadro rappresenta e come lo rappresenta.


ritratto da una foto
ritratto su commissione
artista ritratto
ritratti su richiesta

Sono sempre stato affascinato dall'enorme differenza che c'è tra un viso umano e una fotografia dello stesso viso. Questa differenza ovviamente esiste per qualsiasi sia il soggetto della foto, da un paesaggio a un nudo a un semplice oggetto. Ma le implicazioni di coinvolgimento ed emozione che il viso umano porta con sé rendono questa differenza ancora più misteriosa. Ci possono essere tanti modi di concepire un ritratto, e ci possono essere tanti scopi per cui si vuole avere (o si vuole fare) un ritratto. Ci può essere una motivazione celebrativa, un voler fissare un ricordo di qualcuno amato, si può volere un ritratto per narcisismo o per curiosità. O si può voler fare un ritratto per cercare di carpire quello che di impalpabile trasmette ognuno di noi.

Fare un ritratto d'arte digitale è lavorare spostando l'oggetto del quadro dal viso umano alla fotografia del viso umano. Per chi lo commissiona forse la differenza è impercettibile, e il risultato -se la motivazione è "celebrativa" o "fisiognomica" o semplicemente e comprensibilmente "giocosa"- è magari lo stesso. Per chi lo esegue, per l'artista digitale, la differenza è enorme: un viso umano è un viso umano. Una fotografia di un viso umano è un'altra cosa. E tutto il lavoro del ritrattista digitale è un lavoro che ha come scopo restituire in sintesi d'arte le nostre percezioni e emozioni nate non da un volto umano, ma dalla foto di un volto umano.

Questo non vuol dire sottovalutare tutte le altre ragioni per cui si fa un ritratto: dalla celebrazione di un personaggio, alla voglia di avere un ricordo duraturo del soggetto, alla semplice esigenza di arredare un ambiente con una immagine cara. Ma nel caso di un ritratto d'arte digitale, si arriva a soddisfare queste esigenze partendo non dalla realtà, ma dalla realtà delle rappresentazioni fotografiche, con tutto ciò che quella rappresentazione si porta con sé del soggetto iniziale.

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